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Misteriosa moria di tartarughe marine nell’Adriatico: oltre 50 esemplari colpiti dalla sindrome debilitante

Una task force scientifica internazionale indaga sull’emergenza che ricorda la drammatica epidemia del 2009

Riccione – L’Adriatico è teatro di una misteriosa emergenza ambientale che sta decimando le popolazioni di giovani tartarughe marine. Da metà giugno, oltre cinquanta esemplari di piccole e piccolissime dimensioni si sono arenati lungo le coste di Veneto, Emilia-Romagna e Istria, arrivando ai centri di recupero in condizioni disperate.

Le tartarughe, con carapaci che misurano dai 10 ai 40 centimetri, presentano un quadro clinico drammatico: sono fortemente debilitate, anemiche e ricoperte di balani, quegli organismi parassiti comunemente chiamati “denti di cane”. La sintomatologia è riconducibile alla DTS (Sindrome della Tartaruga Debilitata), una patologia che colpisce regolarmente questi rettili marini, ma mai con numeri così allarmanti.

«Quest’anno stiamo assistendo a un fenomeno che richiama l’episodio del 2009», spiega la Fondazione Cetacea, che all’epoca intervenne su 173 tartarughe in meno di due mesi. La stima attuale, in continuo aggiornamento, fa temere il ripetersi di quella drammatica epidemia che segnò profondamente l’ecosistema adriatico.

La risposta scientifica

Di fronte all’emergenza, si è attivata una task force multidisciplinare che coinvolge istituzioni di ricerca su entrambe le sponde dell’Adriatico. La Fondazione Cetacea collabora strettamente con il gruppo del professor Marco Candela dell’Unità di Scienze e Tecnologie dei Microbioti dell’Università di Bologna, specializzato nello studio del microbiota delle tartarughe e degli ecosistemi marini.

La ricerca si concentra sulle conseguenze della pressione antropica sugli ecosistemi costieri, un fattore che potrebbe essere alla base di questa sindrome debilitante. Il Centro di Recupero Cura e Riabilitazione di Riccione sta coordinando il confronto con i colleghi di altri centri specializzati, mentre gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e l’Università di Camerino conducono le necroscopie sugli esemplari deceduti.

Un enigma dalle cause multiple

La Sindrome della Tartaruga Debilitata rappresenta un enigma scientifico che svela molto sugli effetti ma poco sulle cause scatenanti. Gli esperti ipotizzano un fenomeno complesso e multidisciplinare che richiede un approccio integrato per essere compreso appieno.

«Stiamo raccogliendo il maggior numero di campioni e informazioni possibili», spiegano i ricercatori impegnati nell’indagine. L’obiettivo è non solo comprendere il fenomeno, ma soprattutto intervenire sulle cause per prevenire future emergenze.

La concentrazione geografica dei casi lungo le coste settentrionali dell’Adriatico suggerisce fattori ambientali specifici di quest’area marina, già sottoposta a intense pressioni antropiche dovute al turismo, alla pesca intensiva e all’inquinamento industriale.

L’impegno per la conservazione

I veterinari e le biologhe del Centro di Riccione stanno sviluppando protocolli di cura innovativi, confrontandosi costantemente con i colleghi per ottimizzare le possibilità di recupero degli esemplari più compromessi. Ogni tartaruga rappresenta un tassello prezioso per la comprensione della sindrome e per la conservazione della specie.

La collaborazione internazionale si estende alle diverse realtà lungo le due sponde dell’Adriatico, creando una rete di monitoraggio che potrebbe rivelarsi fondamentale per la tutela futura di questi antichi rettili marini.

L’emergenza in corso rappresenta un campanello d’allarme per la salute complessiva dell’ecosistema adriatico, sottolineando l’urgenza di politiche ambientali più incisive e di un monitoraggio scientifico continuativo delle specie marine vulnerabili.

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